Il rito cattolico bizantino della Pasqua
Gli orientali, ortodossi e cattolici, celebrano la Pasqua in una data diversa
dalla Chiesa Cattolica Romana - a circa un mese di distanza -.
Il Concilio di
Nicea del 325 aveva affrontato e risolto la "questione pasquale", tra coloro
che volevano celebrare la festa seguendo il Vangelo di Giovanni, che pone
la morte di Cristo nel pomeriggio del 14 del mese ebraico di Nisan - donde i
sostenitori erano detti quartodecimani - e quella degli altri tre Evangelisti,
che la collocano al 15 cioè in coincidenza con la festa ebraica di Pessach.
Pur fra notevoli difficoltà la Chiesa celebrò, "ad una sola voce", la Pasqua a
partire dal 387 fino al 1582, quando il patriarca di Costantinopoli Geremia II
rifiutò il calendario riformato di Papa Gregorio XIII. Se da allora la Pasqua
non è stata più celebrata in unità, ad eccezione degli anni in cui i calendari
coincidono, tuttavia nelle due celebrazioni distinte si possono cogliere gli
aspetti salienti comuni e quelli peculiari. La liturgia orientale sottolinea il
digiuno del Grande Sabato e la Veglia in cui si dà importanza alla luce e alle
letture bibliche; i riti dell'iniziazione cristiana con la benedizione dell'acqua e
il battesimo non sono più in uso, si fanno invece in gennaio, nel giorno della
teofania o Battesimo del Signore, la nostra Epifania. Un rito suggestivo, leit motiv
della Pasqua bizantina, avviene il Sabato santo alla porta della chiesa, dove il
celebrante canta: "Cristo è risorto dai morti; con la sua morte Egli ha vinto la morte
e a quelli che erano nella tomba ha ridonato la vita". Mentre con la croce tocca
le porte che si spalancano. Tutte le campane suonano, i lumi brillano nelle mani
di tutti, mentre si canta il canone pasquale di san Giovanni Damasceno, corrispondente
all'Exsultet latino attribuito a sant'Ambrogio.
Una curiosità: il rito dell'apertura delle porte al battito della croce astile
- segno di Cristo che apre le porte degli inferi - era presente a questo
punto nel rito antico prima della riforma della Settimana santa di Pio XII.
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Chiesa di San Salvatore alle Coppelle – Roma
La prima fase edilizia certa risale al pontificato di Celestino III (1191-1198)
che sostenne in parte il carico della spesa di costruzione e officiò la cerimonia
di consacrazione. Di quel periodo rimane oggi il piccolo campanile romanico.
In una bolla di Onorio III del 23 giugno 1222 la chiesa è già citata con l'aggiunta
de Cupellis probabilmente per ricordare che nel XII secolo si concentravano nella
zona circostante i cupellari, fabbricanti di cupelle o copelle, i tipici barilotti
romani a doghe di legno della capacità di circa cinque litri usati per conservare
l’acqua, il vino e l’aceto.
Nel 1663 divenne la Casa Madre della Confraternita della Perseveranza che fu istituita
per assistere i pellegrini che si ammalavano a Roma, alloggiarli nelle locande se poveri e
seppellirli in caso di morte.
La previsione della costruzione del monumento funebre per il cardinale Giorgio Spinola,
ultimato nel 1744 dallo scultore Bernardino Ludovisi, condizionò in parte la trasformazione
interna, con l’adattamento a “sacello” di una campata della navata sinistra.
Tra il 1858 e 1860 il Collegio dei Parroci promosse un restauro generale
che interessò sia l’interno che l’esterno della chiesa. Purtroppo, come scrisse
il Forcella nel 1876: “In questo restauro sono state distrutte tutte le memorie
antiche e deturpate due pitture che risalgono all’epoca della consacrazione della
chiesa da parte di Celestino III che rappresentavano la Vergine Maria e
S. Giovanni Battista.”
Gli ultimi interventi furono eseguiti nei primi anni del 1900 e sono conseguenti all’assegnazione
del tempio al clero romeno. La richiesta fu fatta nel 1913 a Pio X dal vescovo Basilio Hossu.
Fu necessario eseguire i lavori per l’adattamento liturgico trasformando il presbiterio
per aggiungere l’iconostasi.
I lavori furono completati dal vescovo Valerio Traiano Frentiu e il 29 febbraio 1920 avvenne
la riconsacrazione ad opera di monsignor Basilio Lucaciu. Da allora San Salvatore è
la chiesa nazionale romena di rito bizantino cattolico.
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